Ho fatto un sogno, ieri l’altro.
Una citta’ in cui tutti si tenevano per mano, piccoli e grandi, neri e bianchi, afro e ispano, omo e etero, pappa e ciccia, cani e gatti, silvio e romano.
Una citta’ dove non c’erano divisioni di ceto, reddito, istruzione, censo.
Dove anche chi non ha la fortuna di essere sano non si sente escluso da barriere architettoniche.
Una citta’ dove l’uomo sull’uomo non prevaricava.
Poi mi sono svegliato. Era tutto passato.
Sono uscito di casa, ho picchiato la vecchia all’angolo che mi piscia nella cassetta della posta per farmi dispetto, ho dato un calcio al cane che ogni giorno mi porta due zampe del gatto che s’e’ mangiato la notte, all’angolo ho insultato il lavavetri che col mio reddito potevo comprarmi tutta la sua citta’, ho bestemmiato nella religione dell’ambulante, ho dileggiato un pederasta, fatto sfoggio di cultura col villico, ignorato il netturbino figlio di netturbino che mio chiedeva un’informazione, staccato le rotelle della sedia di un disabile ora ancora meno abile e mi son pulito il didetro con pezzi di manifesti elettorali alternativamente dell’una o dell’altra fazione.
Poi mi sono svegliato di nuovo. Era tutto passato.
Le cose belle finiscon subito, cazzo.