“Guardate l’individuo. Credo notiate come ha preso il coltello dalla cucina in previsione di un’ultima, disperata difesa. Le vibrisse lo avvisano in tempo del campo di allarme nell’andito, infatti ora é costretto a passare dalla finestra, sul cornicione. Ora può dirigersi verso la stanza da letto. Si, mi dica, recluta Marrow.”
“Come ha potuto essere oltrepassato così velocemente il servizio di pattuglia all’entrata? I tre agenti davanti al portone non hanno visto niente?”
I giovani hanno sempre delle domande par queste. In codesto caso, la domanda era sì pertinente, ma metteva in piena luce come l’interesse di Liann Marrow per la lezione si fosse risvegliato solo negli ultimi tre cicli. L’istruttore sollevo’ un sopracciglio, e tirando indietro le orecchie lo trafisse con una assolutamente omicida occhiata.
“Recluta Marrow, la Finestra ci ha mostrato che l’individuo si é teleportato dal portico della villa adiacente, direttamente sul davanzale del terzo piano. Ora, quella era l’unica zona lasciata senza sorveglianza perché giudicata erroneamente irraggiungibile con mezzi convenzionali, appunto quelli che in questo caso non sono stati utilizzati.”
“Uh.”
“Ed é solo grazie al fatto che il testimone era stato trasferito preventivamente e coercitivamente in un’altra abitazione che la settimana scorsa si é potuto svolgere regolarmente il processo. Qualche altra domanda più intelligente? Sì, Jellyfish?”
“Quale era l’esatta portata del campo d’allarme?”
Liann si annojava. Non era colpa sua se le lezioni teoriche erano così barbose… Anche se ne avrebbe dovute seguire ancora in buona quantità prima di diventare Effettivo, ed essere destinato ad una pattuglia. Rimase in silenzio per la restante parte, giocarellando con le unghie, mentre nella Finestra il sicario entrava in camera, creava un blocco di roccia intrusiva grande quanto un letto e lo lasciava libero da vincoli di controllo direttamente sopra. Portando via letto, solaio e due poltrone del piano inferiore, con lesioni strutturali al solajo. Per poi scendere dal buco, constatare che aveva appena trucidato un fantoccio imbottito di paglia e sfondare una finestra con le onde mentali. Le impronte lasciate sul manico del coltello erano risultate piatte all’analisi, e la coda era nascosta sotto il pastrano, per cui, nonostante le registrazioni effettuate dai Visionatori, non si era riusciti ad identificarlo in alcun modo.
Durante la pausa, Liamm scappò dall’aula Teorica per rifugiarsi in sala di allenamento fisico. L’istruttore non si era mai accorto prima, non si sarebbe accorto mai, di niente. Si sedette sulla pila di materassi, tirò fuori dal tascapane un libro di avventure e si pose a leggere. Al pomeriggio, turno di ufficio in Centrale.
La stagione era incominciata coi migliori auspici. Il sole viaggiava basso in cielo, e Nete lasciava le notti… indubbiamente meno notti. La Stanchezza presto sarebbe scesa su tutti incondizionatamente, con conseguente diminuzione del traffico extraurbano, commerci e, cosa a Liann ben più gradita, reati. Un bell’inverno dietro una scrivania, un braciere perennemente acceso sotto, una pila immane di documenti da verificare e rapporti da stilare. Non era male, dopotutto, paragonato alle vedette montane della Guardia Esterna. E in primavera, sarebbe diventato Effettivo del corpo di Controllo. Il pensiero lo lasciava oltremodo… perplesso? Un ‘crunch’ dagli echi sospetti gli ricordò della matita che aveva in bocca, e dei documenti dell’archivio che aveva davanti. Vistò il registro, trascrisse la data e passo’ ai successivi. Una arena abusiva per le lotte di cani invisibili. Zuffa al mercato civico settentrionale. Lite tra vicini di casa, con ferito. Reclamo contro il Comune per l’ampliamento della caserma. Prese un ciuffo di erba gattaia e lo masticò con i molari. Altro foglio.
Successivamente, non avrebbe saputo dire perché proprio quel foglio gli fosse rimasto così impresso: il nome non era notevole, il fatto era banale, un incidente domestico. Phem Mastir, anni nove e tre. Scapolo, nessun parente prossimo, nessun testamento. Trovato cadavere dopo quattro giorni, quando i vicini non avevano più visto le imposte aperte, e i quotidiani ammucchiarsi sulla soglia. Funerale a carico del Comune. Un felino come tanti, andato via senza chiedere niente a nessuno. Così, la sera, mentre rincasava, gli riaffiorarono alla mente la via e il numero civico del defunto Phem, e dato che la strada arrivare a per casa sua attraversava metà di CatBox, non vide niente di male nell’allungare di qualche minuto la passeggiata per passare, quasi come una visita di cortesia.
Aveva abitato in un quartiere medio-alto. L’acquedotto là era arrivato da almeno sette anni, e relativamente da poco era ststo allacciato alla rete di ConvogliaSole; era un posto piacevole per le famiglie, o per i single, quale era stato il caso di Phem. Liamm attraversò un isolato di basse palazzine, ed arrivò al condominio dove qualche giorno prima era avvenuto l’incidente; al terzo piano, con i sigilli della gendarmeria, l’ingresso dell’appartamento.
Gli venne quasi la tentazione di bussare, un’abitudine radicata in lui. Estrasse dalla fodera l’amuleto identificativo, che lo autorizzava all’ispezione di luoghi classificati come ‘a bassa priorità’, i soli che fossero alla portata della sua qualifica di Allievo. I cui superiori probabilmente mai avrebbero capito, e tantomeno apprezzato, quella inopportuna intrusione. Il bordo della porta si illuminò debolmente di giallo; scandì mentalmente le lettere del suo codice segreto, e il giallo virò al verde intenso per poi svanire, segno che nessun campanello sarebbe squillato nella mente degli uccelli allarme in centrale. Girò la maniglia ed entrò nell’appartamento.
La luce era stata staccata subito dopo il ritrovamento del corpo senza vita dell’ex-proprietario, ma questo non rappresentava affatto un problema, per gli occhi di un felino. I raggi ambrati di Nete filtravano dalle pesanti tende, mostrando una casa pulita, ordinata, ma nondimeno vissuta; testimoni di ciò le riviste sul tavolo, le stoviglie ancora nel lavabo e, nella zona notte, il letto sfatto. Qui si sedette, prese uno dei libri sul comodino, aprì la prima pagina e lesse.
“Architettura comparata del Primo. Uno sguardo d’insieme.” Trasalì al suono della sua voce nell’aria ferma; richiuse il volume e lo ripose. Anche i suoi compari cartacei recavano titoli simili. “Bella casa avevi, Phem… anche se strani gusti letterari. E ora? Venderanno all’asta tutto… non hai lasciato nessuno che potesse prendersene cura… o no?” Così dicendo, s’era sdrajato sul letto, e guardava con interesse le macchie sul soffitto. Un ragno passeggiava, osservando con interesse Liamm. “Avessi qualche soldo da parte, mi piacerebbe” socchiudendo gli occhi “se solo tu fossi morto fra qualche anno, magari avrei potuto farci un pensierino!” e sorridendo a se stesso per questo grottesca riflessione, si rimise a sedere. La luce era calata, nuvole oscuravano la stella notturna. Ora si ricordava del bollettino metereologico diramato in centrale, avvisava d’un probabile temporale che sarebbe arrivato da settentrione. Non aveva particolare voglia di rientrare a casa sotto la pioggia. Aspettò in silenzio, le prime gocce facevano sospirare gli alberi, salivano di frequenza, sfrigolavano sui tetti circostanti. Una gronda bucata scandiva il tempo a intervalli regolari. “Pare staremo insieme un po’ più a lungo” disse all’ambiente circostante. “Vediamo se hai qualcosa da offrire” e, stupito quasi per la libertà che si prendeva, si diresse verso quella sperava fosse la cucina;trovò che il gripplizzatore era attivo, e lo spalancò discoprendo alcune bottiglie di latte in fresco, ancora buone. Il grippli sul fondo aprì un occhio, e sbagigliò: da quanto la bestiola non mangiava? Prese una tavoletta dallo scomparto e glie la diede. Quello soffiò contento, ed un velo di brina gli si depositò affianco; Liamm lo salutò e stappo’ la bottiglia. Trovò una bustina di qualcosa di indefinito e croccante in un cassetto, e col sottofondo musicale del temporale consumò la sua cena clandestina. Continuando nel suo giro ispettivo, s’avvide che la libreria in salotto teneva soprattutto libri di storia antica e ingegneria; si ricordò, gli parve, che l’altro fosse stato un ausiliario alla locale facoltà di architettura. Un grosso tomo spiccava per la sua anonimità, volume tra i volumi, senza scritta alcuna sulla costina. In mezzo a due cataloghi di materiali edili ed una raccolta di riviste del settore; interessante per la sua mancanza di interesse, lo prese.
-L’evocazione materiale e la scienza astrale-
Liamm fischiò, si meravigliò del suono, si sedette su di una poltrona e aprì il libro. Il quale, per la verità, appariva piuttosto usato; l’interno carico di note vergate a matita denotava un’applicazione regolare e metodica all’antica arte magica. Liamm la vedeva spesso applicata dagli Irregolari della sezione Piani Esterni, ma si era sempre guardato bene dal chieder loro delucidazioni sul tutto, sia per l’espressione in viso da chi s’é preso l’onere di trasportare tutti i mali di questo mondo tipica di un Irregolare, sia per le strane voci di mutazioni fisiche non richieste e di presenze notturne che…
Qualcuno bussò alla porta.
Perso com’era nei suoi pensieri, un’ondata di panico lo travolse. Pian piano ricominciò a respirare, il sangue tornò ad affluirgli nelle estremità, le orecchie ripresero sensibilità, drizzate per captare rumori; un respiro affannato veniva dalla porta, chiusa. I sigilli erano ancora disattivati. Il pelo ritto alla base del collo gli dava fastidio contro la maglietta, ma non poteva farci niente. Bussarono di nuovo. “Phem, sono Zaria. Apri, per favore!”, una voce femminile; chiunque fosse, non sapeva niente. O simulava, anche se Liamm non sapeva bene perché qualcuno potesse fare una cosa del genere. Non aveva alcuna arma con sé, agli allievi ne era tassativamente vietato il porto, ma lui fuori dall’orario di lavoro avrebbe preferito comunque le armi naturali. Raccattò comunque un tagliacarte dalla vicina scrivania, memore della registrazione della mattina, lo infilò dietro la cintola e s’avvicinò alla porta. “Mastir Phem, se non apri subito la porta puoi dire addìo ai tuoi documenti, troverò qualcun altro a cui servano. E puoi star certo che lo troverò… non sono venuta da Proxima, sotto la pioggia, per restare fuori da una porta!”
Forse non era giusto, almeno non nei confronti del fu Phem. Forse lo sarebbero venuti a sapere i suoi superiori. Sicuramente, anzi. Violazione di proprietà. Manomissione di scena di un (seppur poco probabile) delitto. Magari anche…
Spalancò la porta. Chiunque fosse, impiegò qualche secondo per mettere a fuoco l’immagine di Liamm, almeno abbastanza da capire che non era affatto chi s’aspettava. ” Ma tu non sei…” e la frase le si smorzò in gola, quando l’afferrò per il braccio. “Zaria, che piacere vederti!” e la trascinò con forza dentro casa. Meglio che non continuasse a parlare nelle scale. Con una mano le tappo’ la bocca, mentre con l’altra le faceva segno di stare zitta. Fu così che Liamm si trovò davanti due occhi chiarissimi, abbastanza stupiti, in un piccolo volto altrettanto chiaro. Che adesso, dopo la sorpresa, stava assumendo un’espressione oltremodo collerica. Liamm stava per aprire bocca, quando la giovane gli morse la mano obliterandogliela, e come lui allentò la presa lo colpì con una ginocchiata al basso ventre; per cui lui trovo’ che la soluzione migliore per risolvere l’impasse, se non l’unica, fosse quella di accasciarsi a terra e gemere.
“Uhnn”
“Non so cosa ti inventerai, ma sappi che adesso chiamerò la polizia, ladro. E ringrazia che sono in giornata buona.”
“Shh ihh la polhh”, annaspò Liamm.
“Come, scusa?” fece la ragazza, allontanadosi di qualche passo verso la porta.
“Ho detto, uh, sono io la polizia!”, tirando fuor dalla tasca il distintivo di Allievo. Per un attimo gli venne la tentazione di nascondere la fascetta azzurra che lo classificava come tale, ma poi convenne con se stesso che peggio di così non poteva andare. “Ferma!”
“Trovane una migliore… sei troppo giovane per… allievo?”
“Sì, qualcosa contro?”, disse mentre si metteva seduto sul pavimento, la faccia ancora contratta per il dolore.
“No, é solo che… oh, scusami, ti ajuto a rialzarti” e gli tese una mano. Liamm si rimise in piedi, e le diede un rapido sguardo. Era il tipo di ragazza a cui in altri tempi avrebbe gridato dietro “ehi, bella micetta!” all’uscita da scuola: veramente molto carina, bianca con la punta delle orecchie scure, snella e curata. Aveva circa la sua età, forse qualche decimo di meno. Scorse nei suoi occhi lo stesso sguardo indagatore, si chiese quale poteva essere il suo aspetto in quel momento; di certo, non aveva fatto una impressione notevole.
“Posso spiegarti tutto, non temere.”
” Già, ci sono diverse cose oscure… ti po per quale oscura ragione ti trovi a casa di Phem, di notte con le luci spente? E dov’é Phem?”
“E’ una faccenda un po’ complicata…”
“Abbiamo, almeno io, abbastanza tempo.”
“Sediamoci”, disse indicando le poltroncine. “Sarà un po’ lungo.”
Phem Mastir insegnava Architettura comparata già da due anni e sette, era un single, e non aveva parenti prossimi ancora in vita. Era un tipo metodico e curato, una persona i cui comportamenti erano prevedibili come una mosca col miele. Aveva da poco preso qualche giorno di vacanza, anche se non aveva avvisato come era solito i vicini di un qualche suo viaggio. Così, quelli si erano preoccupati, vedendo che da qualche giorno non usciva di casa, e che i giornali arrivavano senza essere ritirati. Quando la polizia era arrivata, lo aveva trovato in bagno, annegato nella vasca da bagno; l’autopsia aveva successivamente accertato che doveva aver perso i sensi per una congestione, ipotesi avvallata anche dai resti del pranzo consumato in cucina. Lo stato avanzato di decomposizione ne impediva la resurrezione, per cui in mancanza di qualcuno che con comprovanti una parentela documenti venisse a reclamare la proprietà, entro due decimane sarebbe stato posto tutto all’asta.
Zaria non parve troppo scossa dalla funerea notizia appena datale. “Ero solo una sua conoscente”, disse a Liamm quasi a scusarsi, in evidente disagio. “lo conoscevo da qualche mese, da quando era venuto a farci un seminario. Aveva chiesto al termine se qualcuno avesse mappe antiche della zona Alfa.”
“E quel qualcuno eri tu?”
“Oh, no. Un mio collega gli disse che la biblioteca inferiore le aveva, e si offrì di portarcelo, dato che lavorava lì come assistente. Quando vi furono nuove assunzioni, mi presentai anche io; fui presa e lui era ancora lì, sulle mappe.”
“Sì, ma perché portargliele a casa? Intendo, questa decimana era anche in vacanza. Ma sei venuta tu qua.”
“Questa era la seconda volta che accadeva. Ultimamente diceva di essere occupato con studi importanti, e che non poteva permettersi di lasciare la città; così, dato che oramai conosceva diverse persone al campus di Proxima, nonché in biblioteca, si era fatto portare direttamente qua i documenti. Prima da Fero, poi…”
“Prima, quanto tempo fa?” la interruppe.
“Circa due decimane. Poi, dato che Fero si é ammalato, sono arrivata io, anche se con qualche giorno di ritardo.”
“Qualche? Ti ricordi quanti?”
“Dato che Fero sperava di ristabilirsi in pochi giorni, non ha delegato nessuno… ma quando é peggiorato, ha deciso di mandare un sostituto. Stando a quello che mi hai raccontato, doveva essere qui… il giorno dell’incidente. All’ora di pranzo, credo, davanti alla biblioteca.”
“Tu sei venuta qua a casa perché non sapevi come rintracciarlo? Un po’ tardi… dove intendevi passare la notte?”
“Cosa é quell’aria deficiente che t’é venuta ad un tratto?” occhi di ghiaccio trafissero Liamm. “Io ho dei parenti qua a CatBox, sarei andata da loro!”
“Ehm… bene” disse imbarazzato per l’involontaria gaffe. “Io stavo… facendo gli ultimi… controlli… prima della messa all’asta…”
“Ed hai fatto finta di conoscermi…”
“Era per non allarmare i vicini”
“Allarmarli di che? Non hai un’autorizzazione?”
“L’ho dimenticata.”
“Ballista.”
“Ehi!”
“Perché altrimenti questa messa in scena?”
“A cosa sei iscritta? Investigazione?”
“Ho letto molti romanzi sul tema. Allora?”
“Er… a dire il vero, passavo qua vicino, sapevo di questa casa… ed ho deciso di farci un salto. Tutto qui” disse con le orecchie basse.
“Solo? Ed io che speravo in qualcosa di più…morboso, ecco”
“Hai idee un po’ strane su come gira il mondo, tu!”
“Dopo che vedo un Allievo che viola il domicilio di un defunto,
mi sento autorizzata a pensare certe cose.”
La casa a un tratto non parve più a Liamm accogliente come prima. Sentì la sua estraneità a tutto, e si ritrovò a pensare ad un corpo che galleggiava in una vasca da bagno. La pioggia aveva smesso di cadere.
“Senti… perché non andiamo a fare due passi fuori? La serata sembra tornata buona.”
“E’ una proposta?”
“Eh?” Liamm la guardò con occhi sgranati.
“Scherzavo! Non capite mai niente!” disse lei ridacchiando.”Sì, usciamo, non mi sento troppo a mio agio qua dentro. Però questi li lascio qua.” Indocò il grosso plico sul tavolino.
“Le mappe? Quando le riprendiamo?”
“Sono solo copie, e poi tanto tu non hai problemi d’accesso, qua. Dài” e si diresse alla porta. Il palazzo era muto; una volta sul pianerottolo, Liamm chiuse e riattivò scrupolosamente i sigilli. Zaria era già sotto, la raggiunse in due balzi e andarono a cercare un locale ancora aperto.
l’1 mi fa sperare che il racconto continui…perché ora sono curiosa!!!!
kota…ma il continuo ce lo dobbiamo sognare da soli? oppure c’è speranza in un seguito?