PARTE I
dove una ottima cena viene sprecata, si fallisce un check di carisma e sale la nebbia

-Non ammettiamo animali nel nostro locale, -disse l’oste con uno sguardo non molto buono.
Perchè? Dopotutto, Moran aveva solo ruttato. Il fatto che avesse anche mostrato agli astanti quello che aveva mangiato a cena non era così importante, almeno secondo il suo punto di vista, e che la suddetta cena fosse ancora a disposizione degli avventori sul pavimento, non era affar suo. Un po’ era affar mio, anche perchè ancora non avevo finito la mia prima pinta. Cercai di sedare gli animi.
-Non mi pare una cosa tanto grave, a tutto c’è rimedio…
-Non quando questi nani vengono qua e si credono di essere in una delle loro bettole tra i monti!!!- Fece quello digrignando i denti.- Ragazza, ti conviene starne fuori.
-Il signore è un pelino irascibile, Lan -Fece Aerndil al capo opposto del tavolo, subito graziato dall’omaccio di uno sguardo omicida. Lui per tutta risposta comincio’ a vocalizzare una strana litania, e quando l’unto e bisunto barista fece per proferir verbo dalla sua gola uscì solo aria calda. Si sforzo’, tuttavia riusciva solo a diventare paonazzo e basta. Aerndil mi strizzo’ l’occhio, ma non ero molto convinta di quello che aveva fatto… infatti quello, constatando che non riusciva ad emettere suono, si diresse dietro al bancone acchiappando un bel randello con un chiodo all’estremità, mentre alcuni suoi amici grossi e puzzolenti quanto lui cominciarono ad alzarsi posando le mani sull’elsa delle spade e sui manici dei pugnali.
Alcune persone cominciarono ad uscire dal locale, due si dissolsero in una vampata bluastra, ed un cane azzurro sgattaiolò tra le gambe dei tavoli proveniente da dove prima mi sembrava di aver visto un uomo vestito turchese. Un ragazzo, molto carino devo ammetterlo, si eresse con un guizzo spostando la sedia e venne verso di noi. Con un sorriso da chi è abituato a queste cose si parò di fronte al muto mescitore e disse circa:
-Suvvia, tra gentiluomini non è il caso di prendersela per così poco, il signore non intendeva farlo, -dico circa perchè incespico’ su qualche sillaba, e la sua voce venne coperta da quella di Moran che intono’ il suo canto preferito:
-Era una strada lunga…
Lunga e poco illuminata…
C’era un plotone di soldati…
C’era anche tua madre…
Non ti dico quello che faceva…
E nel frattempo puliva l’ascia con un tovagliolo.
L’oste vibro’ un pugno nel bel mezzo del volto del nostro raffazzonato paciere, che vibro’ all’unisono per cadere schiena-a-terra sfasciando il tavolo e sei bicchieri, tra i quali anche la mia mezza pinta.
Aerndil sussurro’ qualcosa mentre una luce scaturiva dai suoi palmi congiunti.
Io concentrai le mie energie e le plasmai da materia magica grezza in luce pura, e lanciai il tutto sugli occhi dello stronzo. Muto e ora anche cieco, tiè.
Moran gridò l’urlo di guerra del suo clan, e calò la bipenne sulla gamba del più vicino, tagliandogliela poco sotto il ginocchio, e spacco’ il pettorale di cuoio di un’altro che stava sopraggiungendo.
Aerndil apri’ le mani e fu come se la palude si fosse trasferita in taverna, una nebbia fittissima comincio’ a salire dal pavimento. Si getto’ poi dove giaceva ancora svenuto il nostro non richiesto aiutante, lo trovo’ a tastoni e se lo isso’ in spalla, gridandomi ‘FUOOOHRIIIH!!!!’ o giù di lì.
Io sparai magia sottoforma di freccie luminescenti addosso ad uno che mi si stava avvicinando un po’ troppo, e seguii Aerndil fuori, saltando prima in faccia ad uno che si era messo in mezzo e piantandogli due dita negli occhi per staccarmeno di dosso.
-E Moran??? -gli chiesi. Lui butto’ l’ancora incosciente fighetto nel retro del carro, e dopo aver slegato i cavalli parti’ di corsa.
-Vedrai che arriva …ora- e mi fece cenno con la testa. Guardai in direzione della porta.
-Dove andare bhasthardiiiih!!! -scaturì dalla gola nanica del nostro compagno, mentre si fiondava fuori dalla porta inseguito da un banco di nebbia con molte gambe e altrettante spade che tentavano di tagliuzzarlo. Tale banco subì una battuta d’arresto quando, dopo una quasi-imprecazione di Aer, i primi della fila caddero facendo rotolare addosso quelli dietro, mentre Moran piantò l’ascia sul pianale del carro e, appendendosi, -Il carro ci serve ancora -, feci io, si isso’ con poca eleganza.
-Aer, ma tu lo conosci ‘sto qua?- feci rivolta alla cassetta. -Pensavo fosse amico tuo, Lan… con tutti quelli che conosci…
Rumore di costole incrinate, il mio pugno sulla sua schena, gèmito soffocato.-Stai attento… – dissi, lui brontolo’ qualcosa continuando a frustare i cavalli. Moran si è già addormentato. Scostai il ciuffo dal volto del tipo, ora solcato da un rivolo di sangue secco dalla narice. Era carino lo stesso, e lo pulii con un fazzoletto con un po’ d’acqua.
Prendemmo la via della campagna e pochi minuti dopo eravamo nel buio della notte di Faerun.

(originariamente pubblicato su it.arti.fantasy del 21 maggio 1999)

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