Pranzo dai miei, chiacchiere, tranquillità. La vita va avanti, e dopotutto cerco di essere tranquillo. Ci salutiamo, si torna a casa. Imbocco la via di sopra.
Esco dall’incrocio, nessuno a destra e a sinistra. Mi avvio tranquillamente.
Pochi secondi dopo, un’altra auto esce dallo stesso incrocio. Mi sembrava, tuttavia, che dietro di me non ci fosse nessuno. Mi sembra di riconoscerla, ad ogni modo.
E’ la mia vecchia macchina, ad occhio, l’ho cambiata l’anno scorso di questi tempi.
Accelera, mi supera, è proprio lei, la targa è quella.
Ed al volante, ci sono io.
Come io? Non è possibile, ho le traveggole, c’è qualcosa di errato, forse l’agnello era andato a male. Forse sono stanco.
Forse, sono proprio io.
Lascio che vada un po’ avanti, e mi pedino. Qualunque me sia, è di prima di maggio 2010. Un brivido indicibile mi scende sino al buco del culo. Sono io, prima che succedesse tutto questo casino. Sono io quando stavo meglio. Sono io, punto. Posso cambiare, posso cambiarmi, posso prendere in mano quello che dopo mi è sfuggito.
Ammesso di essere io tornato da lui. Se è lui tornato da me, fanculo, ne resterà solo uno.
Si dirige verso fuori città, non so dove stia andando. A quest’ora non dovrei andare chissà dove, ma prende la via per Cagliari. Ok, siamo in ballo, non ho niente da fare, e questa è la cosa più interessante che mi sia capitata dalla prima volta che avevo una nuda sul divano a casa. Mi tengo a distanza, giusto per vedere se prendo la vecchia o la nuova. Auto tallonarmi è assurdo. Prendo il telefono, e mi dice che la scheda non è abilitata all’utilizzo sulla rete. L’ho cambiata l’inverno scorso, quindi son tornato indietro io, quella nuova ancora non esiste. Doppio brivido.
Calendario. Sabato 2 aprile 2011, giovedì 2 aprile 2009. Sto andando alle prove col gruppo. Sono da Beppe. So dove vado. Devo parlarmi.
Se mi risupero e mi faccio cenno di accostare, come minimo mi prende un coccolone e mi schianto in cunetta, mi conosco. Cioè, non a me, all’altro me. E non so se tiro le cuoia lì, se poi resto vivo anch’io. Non so come funzionano i paradossi temporali in questo continuum, nessuno li ha mai provati realmente anche se si fanno tutti le seghe sopra le teorie. Quindi: aspetto di arrivare. Cosa che succede, puntualmente, circa una mezz’ora dopo.
Nel frattempo, mille discorsi, mille facts, ragioni, eventi si susseguono da raccontare. Devo fare un discorso con me stesso, che cosa mi dico? Dove comincio?
Mi darei i numeri al lotto, se solo mi ricordassi qualcosa. Neanche con le date vado bene, in storia son sempre stato una sega. Non mi interesso di sport, non posso neanche passarmi risultati per scommesse.
Mi supero grazie alla circonvallazione che ho scoperto dopo, arrivo prima, mi guardo parcheggiare e come l’altro me arriva, entro in macchina sua-mia.
Ho sempre avuto la fissa dei tunnel temporali, quindi mi guardo perplesso ma illuminato. Avviso subito che non posso venire alle prove, e ce ne andiamo in giro per parlare. Gli vomito addosso gli ultimi due anni di storia, gli gelo il sangue. Dobbiamo controllare il paradosso. Prende l’accendino della macchina, mi guarda negli occhi e se lo pianta nel dorso della mano finchè non esce puzza di arrosto, dolciastro e vomitevole. Mugola per il dolore.
A me, nessuna cicatrice. La mano è come sempre, neanche un’ombra.
Ed una idea agghiacciante mi si forma in un angolo del cervello.
Aspetto ancora un po’, mentre parliamo, e mi uccido. Mi stordisco con un colpo in testa, mi strangolo, stronzo bastardo che non ti sei riuscito a salvare. Mi faccio duecento chilometri e mi butto giù da una scogliera che conosco, in una forra, dopo essermi tagliato mani e testa. Mi faccio schifo. E’ peggio del suicidio, e non son sicuro che sia eticamente corretto neanche questo. Dopotutto, non sono morto. Le frattaglie le brucerò più tardi con una dose generosa di benzina, in campagna. Prenderò il mio posto, cambierò le cose, e se non possono essere cambiate vorrà dire che il destino è scritto, e andrò di nuovo quel giorno nella strada sopra casa dei miei, e mi riincontrerò, e ricomincerò daccapo.
Vivrò questi due anni per sempre.
Ma la prossima volta mi carico l’annuario del lotto in macchina. E vaffanculo, passerò i miei giorni a farmi i cazzi miei.
Cos'è del resto il passato, se non un futuro lievemente stantìo ? Basta una scaldatina al tostapane…
Gef.
credo che adesso diranno che sono io il killer, comunque. http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2011/04/03/visualizza_new.html_1527606291.html